Il premio Mogensen-Bruno è instituito dalla Dotoressa Else Mogensen in collaborazione con la famiglia Bruno, perché è importante leggere e conoscere bene quello gli scrittori e le scrittrici del nostro paese hanno scritto e scrivevano perché il loro modo di pensare è anche parte del nostro patrimonio, il loro ambiente è anche il nostro. L'identità di Bruno si formò ad Ascea mentre cresceva qui, e leggendo le sue opere, si riconoscono emozioni comuni e modi di pensare che sono stati distillati da una grande mente.

Francesco Bruno

Francesco Bruno
Nato ad Ascea nel 1899, Francesco Bruno era uno dei più importanti e famosi giornalisti e critici letterari di Novecento. Bruno ha scritto narrative con relazione ad Ascea e Cilento, però sopratutto ha scritto molto sulla cultura meridionale con le radici di Elea/Velia, e lui ha tracciato la nostra cultura dall'antichità via Giambattista Vico e il grande scolaro di lingua e letteratura italiana, Francesco De Sanctis, a Benedetto Croce. Ha scritto di Alfonso Gatto, un poeta favorito da molti cilentani, e sulle opere di molti altri scrittori e personalitè letterari del mezzogiorno.

lørdag den 2. juli 2011

Il Premio Mogensen-Bruno, seconda edizione 2011



Quest'anno agli studenti è stato chiesto di scrivere un testo critico nello spirito di Francesco Bruno sulla fiaba di Hans Christian Andersen, "I vestiti nuovi dell'imperatore" e tenta di applicare il metodo di Bruno alla fiaba. Il dottore Francesco Bruno Jr., la professoressa Maria Novi e la dottoressa Else Mogensen hanno valutato i temi. Il vincitore del primo premio è stato Egidio Pinto, il secondo premio è stato assegnato ad Alessandra Maria Pizza e il terzo premio assegnato ad Arianna Perretta.

onsdag den 15. juni 2011

Temi vincitori 2011

Egidio Pinto

Tema vincitore primo premio

C'era una volta il mio salvadanaio. Avevo racimolato una cifra considerevole che mi permetteva di comprare un paio di jeans 'griffati' costosissimi, identici a quelli di un calciatore famoso. Avevano delle macchie bianche distribuite ad arte e degli strappi all'altezza delle ginocchia e del fondoschiena. Tutti i miei amici li apprezzarono tantissimo, ma quando li mostrai orgoglioso a mio nonno, mi guardò sbigottito dicendo: 'Ma sono sporchi e rotti!'. Leggendo alla luce di questo mio ricordo la fiaba I vestiti nuovi dell'imperatore di Hans Christian Andersen, nella quale si racconta della truffa ordita ai danni di un imperatore vanitoso e smascherata dall'innocenza di un solo bambino. Mi sono sentito nudo come l'imperatore indossando i miei jeans e ho intravisto, nella considerazione di mio nonno, la spontanea affermazione di quel bambino. Per questo motivo ho deciso di non indossare più quei jeans e di pensarci bene prima di sprecare i miei soldi per qualcosa che non mi piace davvero, anche se lo impone la moda. Ma avrei fatto questa riflessione se mio nonno non mi avesse aperto gli occhi? E cosa sarebbe accaduto se il bambino della favola non avesse detto la verità sulla nudità del re? Probabilmente i due imbroglioni avrebbero convinto anche il popolo ad imitare il proprio sovrano, producendo per tutti abiti rigorosamente tessuti di 'nulla'. Se poi Andersen fosse vissuto oggi, nell'era dei mass-media, i suoi abiti 'fasulli' sarebbero stati paradossalmente prodotti da illustri firme della moda ed in breve tempo avrebbero conquistato il mercato mondiale. Sono diversi gli insegnamenti che si possono ricavare da questa storia: si parla di vanità punita e messa in ridicolo, della paura di riconoscere i propri limiti, della verità che prima o poi emerge. Ma c'è un filo conduttore comune che rende questa fiaba quanto mai attuale e degna di essere letta: il conformismo. Quali che siano i motivi che spingono re, ministri e sudditi a credere ai due imbroglioni, di fatto tutti si conformano a ciò che viene spacciato come vero, senza preoccuparsi di approfondire i dubbi che sicuramente li avranno colpiti. In questo senso i miei jeans strappati non sono molto dissimili dagli abiti dell'imperatore, come purtroppo non lo sono nemmeno le ragazze che rischiano l'anoressia per somigliare a delle modelle simili a scheletri, spacciate come personificazione della vera bellezza. E quanto somigliano ai vestiti invisibili della favola i miti dei personaggi dello spettacolo o dello sport, che senza particolari meriti, vengono osannati e presi ad esempio come nuovi eroi del nostro tempo? Odierni vestiti dell'imperatore possono essere considerate le visioni e l' eccitazione che provoca lo 'sballo' da stupefacenti, pur di raggiungere il quale, tantissimi ragazzi si rovinano l'esistenza. Non voglio dire che tutti i mali della nostra società derivino da questo piatto conformismo, ma sicuramente esso è responsabile della loro larga diffusione. Andersen/bambino smaschera la superficialità di adulti, aristocratici e imperatore non conformandosi alla massa. A noi il compito di smascherare gli inganni e i pericoli del nostro tempo non conformandoci alla massa.


Alessandra Maria Pizza

Tema vincitore secondo premio

La fiaba ‘I vestiti nuovi dell’imperatore’ di Hans Christian Andersen è la parodia di uno dei peggiori vizi dell’uomo: la vanità. Talora, purtroppo, tale vizio si accompagna ad altri altrettanto odiosi quali la prepotenza e l’adulazione. Nel racconto nessuno davanti al re osa dire che quel vestito che indossa è fatto di un tessuto che semplicemente non esiste, né chi detiene il potere, né chi ha solo paura di esprimere una propria opinione ed essere libero dalla sottomissione. Sono tutti acquiescenti, tranne un bambino, che non ha paura del potere, o meglio non lo conosce e non vi ha nulla a che fare. ‘Perché l’arroganza del potere puoi vestirla d’oro e d’argento, ma sarà sempre miserabilmente nuda come la verità’. Come diceva Ursula Le Guin ‘Ci sono state grandi culture che non usavano la ruota, ma non ci sono state culture che non narrassero storie’. E queste storie, anche se rivisitate e magari corrette, sono arrivate ai giorni nostri, e non esiste strumento migliore per parlare ai piccoli bambini di una cosa complicata come la vita. La storia si ripete e la morale di questa fiaba è riconducibile alla realtà d’oggi. Basta avere denaro e potere e tutti sono ai tuoi piedi. Inoltre nella società odierna, con le innovazioni tecnologiche e l’attaccamento sempre più accanito alle mode di turno è più importante apparire che essere sé stessi. La fiaba interessa noi lettori moderni per il semplice fatto che Andersen ha trattato argomenti che non sono sconosciuti alla nostra memoria, argomenti universali che si tramanderanno di generazione in generazione: la vanità, la prepotenza e l’adulazione. Esse secondo me sono sempre esistite in forme differenti e tutte le civiltà hanno avuto chi ha saputo vantarsi e approfittare della propria posizione sociale. La storia riguarda argomenti difficili da trattare con una semplicità che solo l’autore poteva conferire a questa fiaba. La semplicità e l’innocenza dei bambini è ciò che c’è di speciale nella fiaba. La storia c’insegna che quando le cose sono ingiuste e sbagliate c’è sempre qualcuno o qualcosa che sarà capace di smascherarle e la fiaba merita di essere letta affinchè nessuno possa cadere, come il re, nella stupida vanità. Il re che esce per il corteo nudo rappresenta la nitida immagine del suo carattere: vanitoso, ricco, autoritario, ma ciò che manca è la ragione. La ragione fa sempre da sovrana e la verità viene sempre a galla. Penso che la ragione e la semplice verità siano essenziali in una persona. Quando viene a mancare una sola di queste caratteristiche fondamentali la stupidità salta fuori e nessuno potrà più nasconderla. Per me il messaggio finale che Andersen ha voluto trasmetterci scrivendo questa fiaba è quello di essere sempre noi stessi, nel bene e nel male, senza farsi mettere i piedi in testa da persone stupide e vanitose seppur potenti e autoritarie. In fondo, come Andersen ci ricorda, ‘La vita di per sé è la favola più fantastica’.

Arianna Perretta

Tema vincitore terzo premio

La fiaba ‘I vestiti nuovi dell’imperatore’ di Hans Christian Andersen è la parodia di uno dei peggiori vizi dell’uomo: la vanità. Talora, purtroppo, tale vizio si accompagna ad altri altrettanto odiosi quali la prepotenza e l’adulazione. Nel racconto nessuno davanti al re osa dire che quel vestito che indossa è fatto di un tessuto che semplicemente non esiste, né chi detiene il potere, né chi ha solo paura di esprimere una propria opinione ed essere libero dalla sottomissione. Sono tutti acquiescenti, tranne un bambino, che non ha paura del potere, o meglio non lo conosce e non vi ha nulla a che fare. ‘Perché l’arroganza del potere puoi vestirla d’oro e d’argento, ma sarà sempre miserabilmente nuda come la verità’. Come diceva Ursula Le Guin ‘Ci sono state grandi culture che non usavano la ruota, ma non ci sono state culture che non narrassero storie’. E queste storie, anche se rivisitate e magari corrette, sono arrivate ai giorni nostri, e non esiste strumento migliore per parlare ai piccoli bambini di una cosa complicata come la vita. La storia si ripete e la morale di questa fiaba è riconducibile alla realtà d’oggi. Basta avere denaro e potere e tutti sono ai tuoi piedi. Inoltre nella società odierna, con le innovazioni tecnologiche e l’attaccamento sempre più accanito alle mode di turno è più importante apparire che essere sé stessi. La fiaba interessa noi lettori moderni per il semplice fatto che Andersen ha trattato argomenti che non sono sconosciuti alla nostra memoria, argomenti universali che si tramanderanno di generazione in generazione: la vanità, la prepotenza e l’adulazione. Esse secondo me sono sempre esistite in forme differenti e tutte le civiltà hanno avuto chi ha saputo vantarsi e approfittare della propria posizione sociale. La storia riguarda argomenti difficili da trattare con una semplicità che solo l’autore poteva conferire a questa fiaba. La semplicità e l’innocenza dei bambini è ciò che c’è di speciale nella fiaba. La storia c’insegna che quando le cose sono ingiuste e sbagliate c’è sempre qualcuno o qualcosa che sarà capace di smascherarle e la fiaba merita di essere letta affinchè nessuno possa cadere, come il re, nella stupida vanità. Il re che esce per il corteo nudo rappresenta la nitida immagine del suo carattere: vanitoso, ricco, autoritario, ma ciò che manca è la ragione. La ragione fa sempre da sovrana e la verità viene sempre a galla. Penso che la ragione e la semplice verità siano essenziali in una persona. Quando viene a mancare una sola di queste caratteristiche fondamentali la stupidità salta fuori e nessuno potrà più nasconderla. Per me il messaggio finale che Andersen ha voluto trasmetterci scrivendo questa fiaba è quello di essere sempre noi stessi, nel bene e nel male, senza farsi mettere i piedi in testa da persone stupide e vanitose seppur potenti e autoritarie. In fondo, come Andersen ci ricorda, ‘La vita di per sé è la favola più fantastica’.