Il premio Mogensen-Bruno è instituito dalla Dotoressa Else Mogensen in collaborazione con la famiglia Bruno, perché è importante leggere e conoscere bene quello gli scrittori e le scrittrici del nostro paese hanno scritto e scrivevano perché il loro modo di pensare è anche parte del nostro patrimonio, il loro ambiente è anche il nostro. L'identità di Bruno si formò ad Ascea mentre cresceva qui, e leggendo le sue opere, si riconoscono emozioni comuni e modi di pensare che sono stati distillati da una grande mente.

Francesco Bruno

Francesco Bruno
Nato ad Ascea nel 1899, Francesco Bruno era uno dei più importanti e famosi giornalisti e critici letterari di Novecento. Bruno ha scritto narrative con relazione ad Ascea e Cilento, però sopratutto ha scritto molto sulla cultura meridionale con le radici di Elea/Velia, e lui ha tracciato la nostra cultura dall'antichità via Giambattista Vico e il grande scolaro di lingua e letteratura italiana, Francesco De Sanctis, a Benedetto Croce. Ha scritto di Alfonso Gatto, un poeta favorito da molti cilentani, e sulle opere di molti altri scrittori e personalitè letterari del mezzogiorno.

søndag den 13. juni 2010

La premiazione l'8 giugno, 2010

Mattia Capitani

Tema vincitore primo premio

Dalla lettura novella 'Povero piccolo fiore' possiamo immaginare lo scrittore Francesco Bruno che ricorda in questo racconto autobiografico i momenti felici e spensierati della sua fanciullezza quando la visione e l'amore bastavano a colmare di gioia il suo cuore di giovane ragazzo che, ancora bambino, non sapeva cosa fosse il vero amore. Ricorda inoltre il suo primo incontro con Rosella, colei che sarebbe diventata il suo unico amore e pensiero fisso. La figura di Rosella rievoca infatti nella mente dello scrittore un senso di pace e tranquillità, dettato dai piccoli gesti della ragazza: le carezze, i giochi tra l'erba e i fiori e le lunghe chiacchierate all'ombra dei cipressi, durante le quali i due giovani parlavano dei loro amori, delle loro passioni, dei loro sogni. E nella mente dello scrittore si faceva sempre più vivo il pensiero di far finalmente suo ciò che desiderava da sempre, quell'ideale così vicino ma al contempo così lontano che possedeva la sua mente dal primo sguardo scambiato con quella ragazza alte e magra, e dal volto pallido e stanco con la quale era solito uscire ogni giorno sotto lo sguardo sospettoso della madre possessiva. Ma un giorno la sua Rosella non si presenterò all'appuntamento preso il giorno precedente sulla collinetta dei cipressi. I due ragazzi non si rividero per molti ed interminabili giorni e il povero Francesco non seppe più nulla della sua amata. Ossessionato dalla presenca della cugina Ines, una ragazzina piena di vita, alta, robusta e dagli occhi adamantini, Francesco decise di andare a vivere dalla zia in città. Passava le giornate nella speranza di rivedere e di riabbracciare la sua amata al suo ritorno. Ma non fu così: quando si recò nuovamente in campagna, la casa di Rosella era deserta. Francesco decise allora di chiamarla, di cercarla, ma invano. Dopo circa tre mesi ritornarono i genitori di Rosella ma senza di lei, e Francesco capì solo allora che tutto era finito, che Rosella lo aveva lasciato da solo, e che solamente il suo pensiero avrebbe potuto rievocare al figura di quella ragazza alte e minuta che aveva sempre amato e che la morte crudele era riuscita a portagli via per sempre.
La lettura della novella mi ha fatto riflettere sul significato della parola 'felicità'. Il piccolo Francesco, ancora giovane e spensierato, vede il coronamento della sua felicità nella figura di Rosella, vista come un traguardo da raggiungere per una tranquillità dell'animo. La tematica della novella sembra quasi richiamare alla mente il modo di pensare espresso da Giacomo Leopardi nella poesia 'Il sabato del villaggio'. Il poeta infatti paragona la gioiosa attesa al giorno di festa e il fervore con cui gli abitanti si preparano alla domenica, alla giovinezza, età delle molteplici illusioni e delle radiose speranze; ma la festa tanto attesa, età di acerbe speranze, si rivela un giorno di delusioni e rimpianti, così come lo sarà l'età matura. Anche Francesco Bruno attende con ansia di rivedere l'amate Rosella, ma la sua attesa si rivela una delusione ed un momento doloroso in quanto il giovane viene a conoscenza del tragico destino della ragazza. La felicità viene quindi intesa come un'illusione che può dare gioia solo a chi, ancora fanciullo, trascorre con serenità la propria vita vivendo intensamente ogni occasione.

lørdag den 12. juni 2010

Annagrazia Mautone

Tema vincitore secondo premio

Questa novella, scritta da Francesco Bruno, narra in modo poetico, idillico, delicato e romantico del primo e forse ultimo amore dell'autore per Rosella, fanciulla che l'ha colpito per la sua fragilita fisica e d'animo. Mi ha fatto riflettere un punto della novella. che mi riporta alla mente le medesime sensazioni provate dal poeta "... ella inconsapevole di questi miei oscuri pensieri mi correva dietro, sedeva vicino al mio letto, vicino al mio tavolo; era divenuta un'ossessione di cui non riuscivo a liberarmi nemmeno per un istante. E la vedo ovunque, come un'ombra, come un fantasma pauroso pronto ad inseguirmi in tutti i miei movimenti, pronto ad afferrarmi e piegarmi sotta la sua forza implacabile..." In questo periodo notiamo il continuo utilizzo del tempo passato, che sta ad indicare il forzato allontanamento da una realtà tanto cara all'autore. L'ossessione data da un'immagine, da un qualcosa di immateriale, che non ha consistenza fisica, solo un profondo, spirituale ideale che però lacera l'animo di che scrive, un vissuto quindi lontano dagli occhi ma non dal cuore, la visione di Rosella ormai divenuta tormento.
Questi periodi sono dei flashback dei quali Bruno ricorda anche i più futili particolari. Ciò che l'autore prova è tutt'ora attuale, risuona quindi nel tempo. Anche oggi gli adoloscenti soffrono per il primo amore e anche se è improprio parlare di ciò, possiamo affermare che il ragazzo si infatua del sentimento 'amore' e prova ansia nel vedere colei o colui che sono al centro di questa disposizione d'animo con il presentimento che ciò non possa mai avere fine. Anche nella novella, infatti, notiamo l'utilizzo dell'infinita continuità di un sentimento da parte di Bruno che azzardamente crede che ciò che sta vivendo non possa giungere al fine; scrutando però di giorno in giorno chò che gli sta accadendo si rende conto che nulla è infinito. In questo passaggio notiamo la contemplazione in ogni minimo particolare della donna: l'ossessione ma allo stesso tempo il piacere.
Non credo, o almeno non mi è mai capitato di notare un tale attaccamento da parte di un adolescente di oggi ad una ragazza che, in fondo, non chiede altro che attenzioni e amicizia e non corrisponde quindi il profondo sentimento provato dall'altra parte. Personalmente non ho mai avuto l'occaione di soffrire e nello stesso tempo gioire per un'infatuazione; non posso quindi paragonarmi all'autore ma cercare di comprendere il suo stato d'animo: leggendo e analizzando la novella, ho compreso il profondo disagio di Bruno, disagio che egli vive in solitudine per non intaccare il rapporto che ha costruito con Rosella. Tutto ciò è un qualcosa di anacronistico, oggi non si soffre più per amore, forse perché i mezzi di comunicazione sono diversi, migliori e innumerevoli; si hanno molti modi per conoscersi e non si dà ad una persona conosciuta di giorno in giorno solo fisicamente.

Ines Naso

Tema vincitore terzo premio

Francesco Bruno nella novella 'Povero piccolo fiore' tratta un argumento molto diffuso fra gli adolescenti, l'amore. Vuole far capire che l'amore che si prova nell'adolescenza rimane sempre nel cuore e che ci sone amori diversi, quello che si prova per una madre, quello che si prova per un ragazzo. L'amore è un sentimento che nasce senze che tu te no accorga, è una cosa naturale, non puoi controllarla. Per me l'amore che si nutre nei confronti di una madre è un legame forte, indissolubile; la mamma è la persona che ti ha messo al mondo, che ti ha donato la vita, e per quante volte ci potrai litigare, non finirai mai di volerle bene e di ringraziarla per tutto l'amore e le attenzioni che ti ha donato. Quando ti troverai nei guai saprai sempre dove rivolgerti perché lei non ti volterà mai le spalle, sarà sempre lì ad aiutarti, a confortarti nei momenti di bisogno, ma anche a rimproverarti per farti seguire la buona strada, e sai che il sentimento profondo che si prova per una madre non potrà mai cambiare.
L'amore che si prova per un ragazzo può essere invece anche passeggero, sopratutto alla nostra età, quando non si hanno ancora le idee molto chiare e non si capisce cos'è la vita, quali sono i veri dolori, le vere sofferenze. L'amore che ti unisce ad un ragazzo è come un equilibrista su un filo; al primo movimento sbagliato può cadere e uscirne ferito e mentre l'quilibrista può ferirsi fisicamente, con l'amore rimani ferito nell'animo, dentro, e non è una ferita che si cicatrizza facilmente. All'inizio potrai soffrire, pensare che non supererai mai quel momento, sembrerà che ti cada il mondo addosso, ti sentirai incompreso e maledirai il giorno in cui l'hai incontrato, ci vorranno mesi, anni per dimenticare, ma prima o poi passerà e la cosa più bella è che ne uscirai più forte e maturo di prima, perché alle fine i dolori e le sofferenze servono proprio a far crescere e maturare. E un giorno guardandoti indietro ti accorgerai che stavi male per delle sciocchezze e ci riderai sopra, In fondo non voler amare per paura di soffrire è come non voler vivere per paura di morire.
Quando si è alla nostra età l'amore si prende come uno scherzo, un modo diverso per passare il tempo, per dire che anche tu sei fidanzato. La cosa più importante, per me, è non essere dipendente dalla persona che ami, perché prima o poi ti lascerà e ti troverà a soffrire proprio per lei. E quando ti troverai solo, a quel punto chi ti aiuterà? Per questo, per me, amare è importante, ma lo è anche essere indipendenti da tutto e da tutti.