Il
Premio Letterario ‘Mogensen-Bruno’
ELSE
MOGENSEN IN MEMORIAM
5^
edizione 2014
Quest’anno
per lo svolgimento dei temi partecipanti alla 5^ edizione del Premio
Letterario Mogensen-Bruno per il miglior tema scritto da un alunno
della terza classe della scuola media di Ascea Gli alunni
dovranno comporre un’ "Intervista immaginaria a Francesco
Bruno" così come la si troverebbe in un giornale o in una
rivista letteraria, riportando le opinioni dello scrittore sui
fenomeni socio-culturali e letterari del suo tempo. Si suggerisce
agli alunni di familiarizzare con i libri di Bruno disponibili nella
biblioteca scolastica sita nel presso di Ascea Marina e, inoltre, di
portare alla luce informazioni e curiosità relative allo scrittore.
Ciò in speciale modo in Ascea Capoluogo, attraverso l’individuazione
di persone anziane ancora viventi che conoscevano e ricordano il
Bruno.
Il
dottore Francesco Bruno Jr., la professoressa Maria Novi, la
dottoressa Leila Rasheed e il dottore René Mogensen hanno valutato i
temi. La vincitrice del primo premio è stata Annalaura Mautone, il
secondo premio è stata Federica Novi e il terzo premio è andato a
Mauro Criscuolo.
Temi
vincitori
Annalaura Mautone
1°classificato
Quel giorno avevo
marinato la scuola e sola soletta vagavo per le strade del paese. Le
ore, però, non passavano mai; allora pensai di spingermi verso “Via
Dello Sporgente”, alla fine del paese. All’improvviso notai un
uomo dall’aspetto semplice, ma elegante che era intento ad ammirare
il paesaggio, in particolare il mare; era molto pensieroso. Chissà
quanti pensieri affollavano la sua mente! Timida, ma incuriosita mi
feci coraggio e mi avvicinai. Quando mi vide, rimase stupito e
cominciò a raccontare: “Tu devi sapere che questo “mare nostrum”
ha fatto divenire il nostro territorio importante perché ha permesso
ai Focei di arrivare ad Elea.” Io notai che aveva tanta voglia di
raccontare e farmi sapere delle cose importanti che io non conoscevo.
Colsi l’occasione per invitarlo a scuola affinché potesse
soddisfare il desiderio di sapere sia il mio che quello dei miei
compagni. Rimase meravigliato perché non si aspettava questo invito,
ma subito prendendomi per mano ci avviammo verso la scuola. Mi
confidò che era un “asceoto”, lavorava a Napoli e veniva spesso
nel suo paese utilizzando il treno perché lui non sapeva guidare.
Arrivammo a scuola; i miei compagni rimasero meravigliati quando
glielo presentai: “Questo è Francesco Bruno, giornalista,
letterato, saggista, critico letterario, ma soprattutto uomo di
cultura, un artista che ha saputo cogliere i segni essenziali di
cambiamento.” Con i miei compagni, onorati della sua presenza e
contenti perché finalmente avemmo il piacere di conoscere colui che
ha dato il nome alla nostra scuola e alla piazzetta dove spesso
giochiamo. Dal momento che stavamo studiando le correnti
storico-letterarie moderne e contemporanee con riferimento a diversi
autori: Palazzeschi, Saba, Marinetti, Gozzano… gli abbiamo
domandato che cosa ne pensava di questi movimenti culturali. La sua
risposta è stata la seguente: “Sono vissuto tra due secoli, ho
sempre appoggiato i movimenti che si stavano delineando ed ho
commentato il pensiero e il modo di scrivere di diversi autori. Ho
scritto tanto su questi fenomeni che mi hanno sempre attratto. Ho
dedicato un intero volume al Decadentismo, nel quale colloco al
centro dell’attenzione critica Giosuè Carducci, poeta grande e
complesso, ma oggi poco apprezzato nelle scuole, accostando il
Crepuscolarismo al Simbolismo di Mallarmè. Ho discusso Pascoli, ma
anche l’Ermetismo e l’Esistenzialismo, ma senz’altro ad
influenzare il mio pensiero è stato il Futurismo, un movimento
culturale anticonformista sviluppatosi nel 1909, il cui massimo
esponente è Tommaso Marinetti. I futuristi esaltano il progresso e
la modernità, il dinamismo e la forza rifiutando il passato. Ho
sempre desiderato che il progresso arrivasse anche nella mia terra
natia: Ascea, paese affascinante, ricco di cultura, ma purtroppo ogni
volta che tornavo qui mi sembrava di tornare indietro. Ad Ascea il
progresso ha sempre faticato ad attecchire,dando ragione a Carlo Levi
nel romanzo “Cristo si è fermato a Eboli”. Ho amato tanto Ascea,
i suoi luoghi, la sua gente … il mare attraverso cui sono arrivati
i Focei … Parmenide e il suo pensiero filosofico. Infatti la
cultura greca è arrivata nel nostro bellissimo territorio offertoci
da Dio, grazie al mare, ma l’uomo ha fatto ben poco per
valorizzarlo. Ho amato i classici perché la loro lettura mi
rilassava facendomi stare emotivamente bene. Il mio invito per le
future generazioni era ed è l’istruzione, tutti devono
alfabetizzarsi perché senza istruzione non si può realizzare il
progresso. Ricordo i miei compaesani con cui ho condiviso la tragica
esperienza delle guerre, ma essendo un pacifista ho rinnegato la
guerra come strumento di risoluzione di varie problematiche, perché
essendo l’uomo dotato di ragione deve risolvere i problemi con il
dialogo e la collaborazione. La guerra provoca solo lutti,
distruzione e vittime. A proposito di problematiche ho premuto molte
volte,attraverso i miei scritti, sulla questione meridionale (gli
scrittori nel mezzogiorno 1981) e ho denunciato le differenze tra
Nord e Sud (
Paese di eriche e ginestre). Arretratezza,
immobilismo, povertà continuavano a caratterizzare il nostro
meridione e l’emigrazione aumentava di anno in anno. Mi sono
associato alle dure critiche di intellettuali e studiosi meridionali
(Salvemini, Fortunato, Nitti) sostenendo come loro che lo Stato
risponde solo in parte o non risponde affatto per la risoluzione
della Questione meridionale. Nel mio romanzo “paese di eriche e
ginestre” sottolineo la mia desolazione e delusione nei confronti
della realtà che ci circonda. Questo mio profondo interesse per la
realtà trova radici in alcuni movimenti letterari come il
Naturalismo francese di cui ho apprezzato Balzac, Flaubert e Zola, le
cui opere più famose sono: “Il capolavoro sconosciuto” di
Balzac, “Madame Bovary” di Flaubert e “I misteri di Marsiglia”
di Zola. In Italia, nell’ultimo trentennio dell’Ottocento, sulla
scia del Naturalismo francese si diffonde il movimento del Verismo,
che ha alcune sue particolari caratteristiche: concentra l’attenzione
sulle campagne e sulla gente semplice e umile, ha un carattere
estremamente pessimistico, ha un carattere locale e regionale, non si
esprime soltanto attraverso il romanzo, ma preferisce utilizzare la
forma più breve della novella, osserva in modo analitico la realtà
urbana … L’osservazione analitica è una caratteristica tipica
del romanzo sociale, in Italia il più famoso di questi romanzi è
“Fontamara” di Ignazio Silone. Anche i miei scritti sono a sfondo
sociale, in quanto affrontano le problematiche di Ascea i cui
personaggi parlano della realtà che li circonda. Ho sempre ricordato
Ascea, questo paese di eriche e ginestre e ne ho apprezzato le verdi
colline colorate dal giallo intenso delle ginestre in fiore, quel
mare azzurro ricco di storia e bellezza e gli ulivi secolari che come
diceva Ungaretti “hanno un alone di luce intorno alle foglie come i
santi.” Auspico che voi generazioni future possiate amarlo come
l’ho amato io, custodendone il passato, le tradizioni, la storia e
spero che nel via vai della vita quotidiana, tra i vostri
innumerevoli impegni voi vi fermiate ad osservarne la bellezza, che
non dovete né profanare né deturpare e che vi ricordiate del vostro
compaesano Francesco Bruno quando vedrete una ginestra sbocciare
nelle tiepide giornate estive.” Io e i miei compagni rimanemmo
sconvolti e stupiti da quell’amore che aveva verso Ascea, un amore
sconfinato. Mi commossi a tal punto da piangere per l’emozione,
seguita dai miei compagni che erano allibiti e contenti allo stesso
tempo. Quell’uomo oltre a commuoverci aveva arricchito il nostro
bagaglio culturale con la sua sapienza e saggezza … Decidemmo che
era opportuno porgergli un’altra domanda, stavolta un po’ più
personale, ma comunque attinente a ciò che stavamo studiando, gli
chiedemmo “Cosa ne pensate della gente di Ascea?” Esitò prima di
rispondere, ma deciso ci disse: “Ah, gli “Asceoti” che persone
meravigliose! Mi hanno sempre rispettato a tal punto da darmi del
“don”… Ricordo quanti problemi hanno affrontato sempre con il
sorriso sulle labbra senza mai stancarsi: guerre, emigrazione,
analfabetismo, fame etc. Ho sempre partecipato al loro dolore,
emotivamente e mentalmente. Sono stato male con loro, ho sofferto con
loro, ho pianto con loro e loro con me. So di essere un po’
solitario, ma ho voluto bene a questa gente e anche se a volte non lo
dimostravo ho sempre voluto il loro benestare e nient’altro. Ho
sempre ricordato il mio popolo, nei miei scritti e ne ho apprezzato
la semplicità e la religiosità. Anche io sono molto religioso,
infatti vengo qui per partecipare al pellegrinaggio al monte con
tutti gli “Asceoti”. Tutta la mia gratitudine, però, va a quegli
uomini che si sono sacrificati in guerra, credendo di poter cambiare
qualcosa, infatti ogni volta che passo per il monumento dei caduti
prego in silenzio per quelle anime che hanno fatto con le armi il mio
paese. Mi sono sempre chiesto perché questi “ eroi del Sud”, non
vengono riconosciuti a livello nazionale? A proposito voglio parlarvi
di Grazia Deledda che ho avuto il piacere di incontrarla. E’ una
scrittrice sarda che, come molti autori veristi, attraverso i suoi
scritti ha cercato di far conoscere le problematiche del suo paese.
Il primo a dedicarle una monografia critica, negli anni trenta, sono
stato io, perché nei romanzi della Deledda si configura una
cristallina visione del mondo. L’artista media l’immediato,
idealizza la realtà, trasfigura ogni impulso caotico. Grazie Deledda
“ha dato forma di arte ad un nuovo Romanticismo scalpitante,
raccogliendo il messaggio romantico e arricchendolo di significati e
valori personali,con la sua opera così riposata e tersa, è una
delle voci più significative dei miei tempi.” La nostra
insaziabile curiosità divorava quelle sue parole, così
significative e sagge e di certo non poteva mancare un’altra
domanda: “Avete parlato di differenze tra Nord e Sud e solitamente
quando si parla di Sud, ci viene in mente Napoli … quindi vorrei
chiedervi cosa ne pensate?” La sua risposta non fu né banale, né
scontata: “A Napoli, ci sono vissuto, ci ho studiato e ci ho
insegnato e ne ho appreso le culture come se fossero da sempre state
le mie. Amo la musica napoletana e sono stato un grande sostenitore
della Scapigliatura Napoletana, (movimento sviluppatosi a Nord
Italia, armato di uno spirito di ribellione n
ei
confronti della cultura tradizionale e il buonsenso borghese. Gli
scapigliati si scagliarono sia contro il
Romanticismo
italiano, che giudicavano
languido ed esteriore, sia contro il provincialismo della cultura
risorgimentale
guardando in modo diverso la realtà, cercando di individuare il
nesso sottile che legava quella fisica a quella psichica Quindi non
posso che adorare questa città, che nonostante tutti i problemi che
ha affrontato e che deve affrontare, è ancora bella come la ricordo
io.” La campanella suonò e tutti ci recammo fuori per tornare a
casa. Quando i miei compagni uscirono continuai a cercare quell’uomo
per tanto tempo, ma era scomparso... Rassegnata tornai a casa e mi
misi a scrivere una pagina di diario nella quale volli immaginare che
oggi quell’uomo potesse ancora essere innamorato della sua
Ascea e fortemente voglio credere che è in vita per aiutare questo
nostro paese che ancora ha tanti problemi.
Federica Novi
2°
classificato
Solita giornata, solita
routine quotidiana: scuola, studio, attività sportiva, tv ed ora la
parte che preferivo, continuarea leggere il mio libro, il cui titolo
è “Paese di eriche e ginestre” di Francesco Bruno. Gli occhi
scandivano velocemente le parole e le mie mani accarezzavano le
pagine del romanzo. Ad un certo punto sentii un torpore forte, acuto
... quando riaprì le palpebre, mi ritrovai sul balcone della mia
stanza ad osservare il cielo stellato. Mentre cercavo di rispondere
alle domande che pervenivano nella mia testa, una voce alle mie
spalle proruppe nel silenzio: ”Bella serata, non è vero?”
A parlare era stato un
uomo che non avevo mai visto prima, ma i suoi tratti mi sembravano
familiari. Lo scrutai meglio in volto, ma più lo guardavo e più mi
rendevo conto che mi sbagliavo: non lo conoscevo. Giacca blu,
cravatta dello stesso colore e un’eleganza tale da farmi sentire in
imbarazzo, poiché io indossavo il pigiama e le mie pantofoline.
“Scusi ma lei chi è?”
mi azzardai a chiedere, con voce flebile, ancora sotto shock. Ma lui
non rispose, era, infatti, tutto assorto nei suoi pensieri. Al che un
po’ a disagio stavo cercando di dileguarmi, ma il mio tentativo
fallì: “Ferma!” Non ne potevo più, ma che razza di sogno era?
Però dato che la mia mente voleva giocarmi questo brutto scherzo
perché non trovare qualcosa da fare nel frattempo che il giorno mi
avesse ridestato?
“Mi scusi, potrei
sapere come c’è arrivato qui?” Bella domanda, complimenti…ma
se è un sogno! Magari c’è arrivato volando, oppure arrampicandosi
su per l’albero. Mi guardò e disse una frase che ancora rammento,
identica e precisa: “L’uomo ritorna nella terra in cui nasce,
pensa crede ed ama, malgrado ogni avversità; e questo slancio
naturale è anche il segno della sua vocazione umana, cristiana e
letteraria.” Quelle parole non mi risultavano nuove, però non
riuscivo a ricordare dove le avessi ascoltate o lette.
“ Guardando le stelle
penso al domani, al mio futuro, tu ci pensi mai al tuo?”
“Eccome se ci penso, ho
paura di non riuscire a realizzare i miei sogni” risposi.
“Non bisogna avere
paura, bisogna mettersi in gioco. Tutto diviene possibile se noi
crediamo di vincere ogni ostacolo”. Per essere un sogno, sto
imparando parecchie cose!
“Sono d’accordo. E’
davvero piacevole dialogare con lei.” Fu il pensiero che uscì
spontaneo dalla mia bocca.
“Fra due vecchi un
accordo molto probabilmente non sarebbe possibile, lo stesso varrebbe
per due giovani. Le relazioni diventerebbero precarie per la quasi
uniformità delle vedute psicologiche e teoriche. Tra noi due è
possibile un confronto costruttivo perché vedi, possiamo entrambi
dare qualcosa l’uno all’altro.”
Cadde nuovamente il
silenzio sul balcone di casa mia, una nuova pausa di riflessione mi
accompagnò. Come avrei voluto sapere cosa passava per la testa a
quell’uomo così strano! Magari avessi potuto leggere nel pensiero…
la curiosità mi rodeva lo stomaco.
“Ti senti bene?” mi
chiese.
Oh no, oh no! Mi ha
scoperto! E ora che dico?
“Sà, stavo pensando
che purtroppo la nostra società è in crisi… crisi economica,
crisi morale…” fu la mia risposta.
Uhm, ottimo diversivo.
Bella idea! Secondo me non se n’è accorto.
“La società è oggi
arricchita di esperienze secolari e sono perciò moltiplicate le
richieste di comodità, persino ad esagerare. Prima la gente si
accontentava di poco, del minimo necessario. Oggi non c’è
contenimento nelle spese per divertimenti e sprechi quotidiani,
sicché la società vuole sì naufragare nel lusso ma fa il passo più
lungo della gamba, come si suol dire” esclamò.
“E’ vero. C’è però
da dire che le ricchezze sono detenute e sfruttate da pochi”
riflettendo parlai ad alta voce.
“L’universo è
proprietà di tutti, nessuno può impossessarsene. Ma purtroppo
questo accade sempre più spesso” mi disse e guardò dall’altra
parte del mio giardino.
“Io credo che questa
gente regnerà incontrastata ancora per poco, il bene trionfa sempre
sul male” risposi molto decisa.
“Il bene sovrasta la
cattiveria, la crudeltà. Ma prima che possa restaurarsi un regno
perfetto fra le persone, il male torna ad avvelenare gli uomini”.
Ciò mi aveva messo addosso un po’ di cattivo umore.
“Ciò che lei dice non
fa una piega, ma è un po’ triste… mi piace pensare che nostro
Signore ci protegga e ci illumini”.
“Non credi che siano
troppi i peccati e le aberrazioni che andiamo commettendo? E Dio
dovrebbe starsene così, con le mani in mano? Siamo degli ingenui se
non pensiamo che il Cielo possa castigarci, chiederci conto di quanto
perpetrato dalle persone senza Dio e senza coscienza del malfatto.
Siamo noi uomini a illuderci operando il male come sistema di vita
che il Signore non se ne accorga e che tutto prosegua per il suo
verso. Così non è. Non si muove foglia che Dio non voglia.
L’Onnipotente registra il minimo atto anche se da noi pensato e non
attuato” fu la sua esposizione di idee.
“Io non so lei chi sia,
ma il suo pensiero è giusto e molto bello, fa’ riflettere su degli
aspetti importanti della società. E’ stata una vera fortuna
conoscerla” dissi sinceramente.
“Lo stesso vale anche
per me. Ma ora è tardi, va’ a dormire”. Mentre pronunciava
quest’ultima frase mi posò una mano sulla testa e mi rivolse un
sorriso così caldo da sciogliermi il cuore.
“Fede sveglia!!! Un’
altra volta in ritardo!!!”. Cosa? Che succede? “Muoviti!”. Una
mano ferma mi strappò le coperte calde che avvolgevano il mio corpo
dalle mani, e fui costretta ad alzarmi. Ma appena sporsi le gambe
ciondoloni dal letto, qualcosa cadde per terra. Mi chinai per
raccoglierla, e vidi che era il mio libro. Lo girai e non potete
immaginare il mio stupore nel vedere tra le note biografiche di
Francesco Bruno, il volto dell’uomo che quella notte avevo sognato.
Era proprio lui? Sì, non c’erano dubbi. Stessa fisionomia e quelle
frasi che avevo già sentito le avevo lette sul suo libro.
In tanti dicono che
sognare sia stupido, inutile ... ma io credo che sia la vita di chi
non sa sognare a esserlo. Quella notte ho capito quanto sia bello e
costruttivo leggere, perché ciò che leggi diventa parte di te e
puoi anche sognarlo!!!
Mauro Criscuolo
3°
classificato
"Ascea
Terra di Parmenide e di Zenone" ma anche patria di Francesco
Bruno, nome che è stato dato alla nostra scuola. Incuriosito e
attratto da questo nome ho cercato di sapere di più proprio come un
giornalista curioso. Desideravo conoscerlo, ho chiesto a diverse
persone chi era, mi hanno detto che è un "asceoto" e viene
spesso nel nostro paese. Finalmente è arrivato il giorno ... sono
corso alla stazione perché per spostarsi utilizza il treno; grande è
stata la sua gioia quando ho proposto l'intervista. Ho notato che era
un uomo semplice, ma di una ricchezza culturale indescrivibile. Mi ha
confidato che è stato un amante della libertà individuale e
collettiva sempre saldo al suo regime indipendentista rifiutando tra
l'altro offerte politiche. Ha trascorso la sua vita a scrivere, con
un occhio critico sempre rivolto alle nuove culture, alle letterature
straniere, alle letterature dell’est europeo amando Dostoevskij,
Tolstoj e Pasternak perché nei loro romanzi si riflette
analiticamente la realtà urbana descrivendola oggettivamente e i
personaggi sono persone umili esaminate nella loro drammatica
miseria. Ho domandato se nei suoi scritti espone i problemi della sua
Ascea. Mi ha risposto: "Paese di eriche e ginestre" narra
la storia di uomini e donne cilentane. Mi sono rifatto alla narrativa
verista che ha una straordinaria importanza sociale perché consente
di portare alla luce temi e problemi che in precedenza non hanno
trovato spazio in letteratura, sia di scoprire regioni e ambienti,
soprattutto contadini di cui all'epoca pochi conoscono le effettive
condizioni. Mi sono rifatto al naturalismo francese, una corrente
letteraria che si propone di descrivere la realtà nel modo più
obiettivo possibile. Poi ho domandato quali erano le correnti a cui
si sentiva maggiormente vicino. Mi ha risposto: “Certamente il
Romanticismo mi ha segnato con l’esaltazione del sentimento e della
passione come tratti fondamentali che distinguono gli individui,
rendendoli unici e irripetibili. Ho apprezzato anche il fatto che la
cultura italiana doveva uscire dall’isolamento della tradizione per
accostarsi alle letterature straniere, non a caso ho amato anche la
letteratura francese, Balzac, Flaubert, tedesca e ultimamente grazie
a mio figlio ho incominciato ad apprezzare quella americana. Non
posso negare l’amore per la classicità essendo convinto come i
classicisti che l’arte del passato abbia raggiunto una perfezione
che non può essere superata e che deve essere un costante punto di
riferimento per gli scrittori. Quando poi ha puntualizzato sulle
correnti del tardo Ottocento ha citato le parole della prefazione a
“le due vite di Germinia Lacerteaux 1865” di J. De Goncourt e ha
recitato queste parole“ vivendo nel XX secolo un’epoca di
suffragio universale,di democrazia, di liberalismo ci siamo chiesti
se le cosiddette “classi inferiori” non abbiano diritto al
Romanzo […] se in una parola le lacrime che si piangono in basso
possano far piangere come quelle che si piangono in alto. Con questa
citazione voglio confermare che i protagonisti di diversi miei
scritti sono uomini e donne delle classi inferiori spesso schiacciati
dal peso delle trasformazioni storiche e anche dalle calamità
naturali. Ho domandato anche: “il periodo storico in cui ha vissuto
ha influenzato la sua crescita personale e professionale?” “Ho
vissuto tra Ottocento e Novecento, nel periodo del primo e secondo
conflitto mondiale, ho sopportato tante ingiustizie, il periodo
fascista mi ha segnato, sono stato anticonformista, non sono mai
sceso a nessun compromesso, avendo a cuore il benessere sociale e una
vita dignitosa per tutti i cittadini che dovranno avere il diritto
all’istruzione, perché solo con l’istruzione si può avere il
progresso. Ho esaltato i futuristi, perché suscitavano molto
scalpore nel mondo letterario per il loro anticonformismo, per la
decisione con cui rigettarono il passato e per l’entusiasmo con cui
inneggiarono al futuro.”