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vincitori 2013
Angela
D’Angelo
1°classificato
“L’uomo
è il fuoco, la donna è la stoppa: viene il diavolo e soffia”.
Proverbio
veritiero, vivo, forte. Espressione del popolo, che rappresenta la
vera cultura di una nazione. Molti scrittori si sono interessati a
questa folla indistinta: tra questi vi è il siciliano Giovanni
Verga, il quale cita questo proverbio nel suo capolavoro “I
Malavoglia” per bocca del capofamiglia Toscani.
Il
popolo, il popolo. Tanto caro all’arte, ispiratore di nobili menti,
di celebri mani “scrittrici” di una realtà forte ed
indissolubile, fedele nei secoli ad un proprio patrimonio culturale.
Cos’è
che rende il popolo oggetto di tanto interesse, di tanta ammirazione
da parte di coloro che osservano e riportano quanto visto? Io,
leggendo alcune opere di diversi autori, ho potuto constatare che la
primordiale attrattiva del popolo è la passione, la quale brucia,
divampa; è una mano capace di “smascherare” tutte le finzioni
dell’anima e di mostrare la vera essenza di noi esseri umani.
Tra
gli scrittori italiani che più si sono fatti portavoce del loro
popolo vi è il napoletano Salvatore Di Giacomo, espressione
veritiera e schietta della folla partenopea.
Il
Di Giacomo, poeta, novelliere, scrittore di teatro nonché saggista,
nelle sue opere ha saputo combinare in modo originale l’eleganza e
la quotidianità del dialetto napoletano; con la musicalità e
l’infinita dolcezza dei suoi versi sorprende e tocca nel profondo
il lettore perché riesce a mostrare, con il suo vernacolo, la vera
realtà della vita popolare, evocandone i suoni, i colori, gli odori.
Napoli
appare quanto mai viva nelle strofe del Di Giacomo: è una città in
cui si vive una vita di sopravvivenza, dominata dalla passione, il
cui più elevato mezzo di espressione è l’amore.
L’amore
che ritorna nei versi digiacomiani come il vero motivo della loro
stessa esistenza: la poesia “Na palummella ianca”, infatti, è il
pianto segreto, triste e malinconico del poeta, il quale invoca
l’amore, che sembra avergli “voltato le spalle”. In questa
poesia il poeta non ama Carulina in quanto donna: prova un senso di
venerazione per l’amore in sé, visto come qualcosa di sublime, di
platonico, non semplicemente come richiamo dei sensi, di attrazione
fisica.
Il
confine tra il metafisico ed il reale è quanto mai sottile: il
poeta, infatti, sceglie come testimone del suo amore non corrisposto
una tenera colomba, il simbolo della pace.
Non
mi sorprende che l’autore abbia scelto come “confidente”
proprio la tenera “palummella”, che sembra lenire le sue
sofferenze con l’aggraziata figura: guardando gli occhi acuti ed
intelligenti della colomba, il poeta stabilisce un contatto etereo
con Carulina, conosce le azioni della ragazza grazie ad una “voce”
amica, immaginaria ma attesa con febbrile emozione.
Per
il poeta è straziante amare Carulina e non essere da lei amato: il
paradosso è che nonostante lui abbia cercato di dimenticarla, il suo
cuore ha prevalso ed ancora prevale sulla ragione, il sentimento
trionfa sul raziocinio, riportando una vittoria agognata ma al
contempo non voluta.
È
duro e lacerante attendere per dodici lunghi mesi una risposta ai
bisogni del proprio cuore: vi è un’incertezza da parte della
ragazza che strazia, seppur inconsapevolmente, fisicamente e
psicologicamente il poeta. Il quale, a rigor di logica, maledice il
giorno in cui il suo corpo venne pervaso dalla freccia scoccata dal
figlio di Afrodite; la disperazione quasi lo spinge a pensare che
molto probabilmente Carulina lo rimpiangerà soltanto quando sarà
morto, ritornando alla terra che lo ha generato.
Le
strofe della poesia sono intervallate da due versi molto dolci e
musicali, che rispecchiano fedelmente la già descritta condizione
del poeta.
Goethe,
nel suo romanzo “Le affinità elettive”, scrisse: “L’amore è
fatto così, da credere di avere esso solo dei diritti e che tutti
gli altri spariscano dinanzi a lui”.
È
infatti l’amore che fa muovere il mondo: ho più volte immaginato
come sarebbe il nostro pianeta privo di uno degli affetti più nobili
che esistano. Sarebbe … semplicemente orribile: noi esseri umani
siamo emozioni, nient’altro che emozioni. Siamo stati generati con
la facoltà di amare e godiamo del privilegio di essere amati:
l’amore è la cornucopia da cui attingiamo per il nostro
sostentamento, il “diavolo” e la stessa fiamma che si sprigiona
tra il “fuoco” e la “stoppa”; grazie a questa “combustione”
il calore e la luce emanati illuminano, confortano e riscaldano tutti
gli esseri viventi.
Esemplare
e degna di lode è tutta l’opera del Di Giacomo: come ha scritto il
nostrano critico e saggista Francesco Bruno nel suo saggio critico
sull’autore partenopeo, il Di Giacomo prende in esame le vicende
della Napoli post-Borbonica, trasmettendo l’immagine “di una
città attraversata da una profonda crisi e sconvolta da un
improvviso smarrimento”.
Il
Di Giacomo, quindi, è testimone e portavoce di quella vita che si
svolge lì, in quei quartieri tappezzati dai panni stinti stesi al
sole ad asciugare, con il rumore del tempo che passa di giorno e, di
notte, il suono di una dolce serenata al chiaro di luna, un delicato
arpeggio di chitarra rivolto … ad un cuore.
Marco
Elio De Marco
3°classificato
Il
giorno che venni a sapere del concorso sul commento della poesia di
Salvatore Di Giacomo intitolata “Na Palummella Ianca”, subito mi
venne in mente di chiedere aiuto alla mia maestra delle elementari
“Anna Palladino” che ha un rapporto di parentela con il critico
cilentano Francesco Bruno.
L’amore,
è il sentimento più ricorrente nelle liriche di Salvatore di
Giacomo e in “Palummella Ianca” è un amore struggente e sofferto
raccontato dall’autore. Un amore non corrisposto che attende con
impazienza il giorno in cui possa essere ricambiato.
La
donna amata da Di Giacomo è una certa Carolina che da un anno ormai,
gioca con i sentimenti dell’amante che si strugge di dolore per non
essere stato ancora corrisposto. Unica grande certezza del
protagonista è quella farfalla bianca che vede ogni mattina, topos
letterario quello dell’uccello usato da Pascoli e Leopardi che
rappresenta per il poeta la speranza di una risposta, un’amica a
cui confidare le proprie angosce.
Simbolo
della fiducia che l’innamorato ripone quotidianamente nel giorno
nascente carico di notizie tanto attese. “Ti voglio bene assai ma
tu non pensi a me … ” il ritornello dettato dal cuore ,
spasimante d’amore … La consapevolezza dolorosa di non essere
ricambiato e soprattutto di non essere altrettanto importante per la
propria amata … La sofferenza di cui il poeta è consapevole dell’
impossibilità di potersene liberare. Liberarsi da quel sentimento
che sta provocando tanto dolore è impossibile! La ragione direbbe
“basta, dimenticala! ” Ma il cuore non ascolta un simile lamento
… Il cuore dell’ innamorato maledice il giorno in cui abbia avuto
inizio questa storia perché è cosciente del fatto che sta
soffrendo, ma sa anche che non può liberarsi da quel sentimento. Non
è possibile! La stanchezza di vivere queste struggenti emozioni non
basta all’innamorato per privarsi di quel sentimento tanto dolce e
caro quanto doloroso e distruttivo.
Una
farfalla bianca, morbida come la mano di un bimbo è in questo mare
naufragata. E’ la voce di un bimbo che grida “Spera!” E’ la
voce del cuore che detta “abbi fiducia, non arrenderti!”. Ma come
una farfalla bianca, è una speranza debole e fragile!!
Katia
Del Prete
Classificato
‘Menzione di merito’
Te
voglio bene assaie, e tu nun pienze a me!
Lo
scenario spesso fiabesco è uno dei tratti di realtà di cui il poeta
Salvatore di Giacomo si serve per sostare sulla fedeltà delle cose.
Lo stesso dialetto usato, di una dolcezza e raffinatezza senza
eguali, regala effetti di colore mescolati alla musicalità più
aurea.
A
Marechiaro nce sta na fenesta …
era l’anno 1885 quando il grande poeta scriveva in alcuni suoi
versi di una finestrella a picco sul mare, adornata di un vaso di
garofani … dietro quella finestra, nella sua stanza, dorme
Carolina, un innamorato la invoca con una appassionata serenata,
mentre nelle onde del mare sottostante i pesci amoreggiano al chiaro
di luna e sotto le stelle. Di Giacomo ama la dolcezza del
chiaroscuro, il ricordo perduto nell’inseguimento mite e fragile
alla donna, così come fa nei versi di Na
palummella janca: la
sua mente, non appena sveglio, rivolge il pensiero alla donna amata,
di un amore, però non corrisposto e quindi vissuto soltanto nel
profondo del suo cuore. Al pensiero di lasciarla viene fuori la sua
fragilità e la sua debolezza, nonché il suo schietto tormento di
uomo romantico che si lascia trascinare e conquistare dall’amore
non corrisposto. Di lui, infatti, Benedetto Croce disse: “Uno dei
rari poeti schietti dei tempi nostri (…) temperamento amoroso,
malinconico, triste ed anche passionale, amaro e tragico”.
La
consapevolezza di un amore non ricambiato e di conseguenza di un
sentimento che dà più amarezza che gioia, fa venir fuori la sua
dipendenza dal cuore, dalle emozioni, dal desiderio naturale di amare
ed essere amato, per cui alla fine non gli rimane che riconoscersi
lucido nel comprendere il nonsenso del rapporto, e pur tuttavia
“folle” nel sottomettersi all’arrogante passionalità del
cuore.
È
proprio nella poesia che la sua forza si libera, inducendo il lettore
alle più svariate riflessioni, così come ha saputo fare appunto in
Na palummella janca.
Le storie di amore nascono, vivono e si nutrono di puro sentimento,
sentimento che profuma di bellezza, gioia, esuberanza per chi si
affaccia, come me, a solcare i passi della vita. È troppo
affascinante l’amore per potergli resistere, ma è triste rendersi
conto che anch’esso ha due facce e quando ci si ritrova a vederne
il lato oscuro non si ha la forza, tante volte, di rinunciare a
rincorrere la felicità. E come ci insegna il grande Francesco Bruno,
critico letterario, narratore e poeta tra i maggiori più noti del
900, bisogna saper vivere liberi, mai sottomessi ai giochi di potere,
mai passivi nell’accettare allettanti proposte da parte di
chicchessia, con quella attenzione particolare invece incentrata
sulla contrapposizione tra BENE e MALE. La felicità è veramente
tale soltanto quando si vive un amore trasparente, che ti fa sentire
libera e serena, nella consapevolezza che mente e cuore battono
meravigliosamente all’unisono. Ma … non è difficile, purtroppo,
che ci si possa innamorare di qualcuno che non ne voglia sapere nulla
di noi. Ed è proprio in questo caso che l’innamoramento mostra con
prepotenza anche l’altra sua faccia, rivelandosi fonte di
indicibile sofferenza che contribuisce a distruggere ogni forma di
speranza. Spesso si finisce con il pensare e credere che nella vita
non ci sarà mai nessuno che si accorgerà di noi. E come recita una
canzone di Venditti … “Ci vorrebbe un amico”.
Sì,
nei momenti più difficili e bui è necessario ancorarsi a tanti bei
valori quali la famiglia, l’amore dei genitori sempre pronti ad
asciugare le lacrime, la complicità degli amici, con cui coltivare
ideali o condividere idee. Ma anche sapersi aprire alla generosità e
alla solidarietà verso gli altri, per non perdere mai di vista che,
tutto sommato, l’adolescenza bisogna saperla vivere
spensieratamente e con un po’ di leggerezza, godendosi tante cose
belle che la vita offre; anche se di tanto in tanto, comunque, meglio
una delusione che non mettersi affatto in gioco. Insomma bisognerebbe
avere la freschezza della nostra età e l’esperienza dei grandi per
lasciar cadere le situazioni impossibili e volare verso quelli che
saranno gli orizzonti stupendi della vita. E quando l’amore diventa
poesia mi verrebbe da scrivere così:
Na
palummella janca me sceta ogni matina,
dicenneme:
tu ‘o ssaje, te voglio bene assaje.